Alessandro Cerri alla Maratona di NY

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La Gioia Di Alessandro Cerri: A New York Con La Nazionale Diabetici

Articolo tratto dal quotidiano on line Villa Guarda Viva.it 

Ci sono momenti della tua vita che non dimenticherai mai. Perché ti ricordano una gioia immensa, oppure perché sono il coronamento di tanti sacrifici messi ormai alle spalle. Sono sicuramente entrambi il caso di Alessandro Cerri, atleta 45enne di Villa Guardia che pochi giorni fa si è tolto lo sfizio di correre la Maratona di New York con la casacca della Nazionale Italiana Diabetici.

Diabetico di tipo 1 dal 2011 con terapia insulinica multi iniettiva e da circa 1 anno e mezzo con microinfusore e sensore per la misurazione in continuo della glicemia, Alessandro Cerri ha fondato insieme ad altri ragazzi  la Sezione di Brescia di ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici) che promuove un messaggio chiarissimo: “praticare sport per un diabetico non è cosa impossibile bensì utile alla regolazione delle glicemie, purché sempre sotto controllo medico”. Perché Brescia? Perché qui negli anni lo hanno portato il lavoro, la famiglia.

“Insieme a questi ragazzi abbiamo partecipato a varie manifestazioni sportive, sia in provincia che in altre parti d’Italia prima con corse medio corte fino ad arrivare alla Maratona di Roma del 2013. Questa voglia di sport di endurance ci ha spinto fino a riuscire a partecipare a vari triathlon sprint ed olimpici (anche sul lago di Como)”. Moltissime le competizioni affrontate e le soddisfazioni raccolte. Poi, ecco la chance di poter prendere parte alla famosa Maratona di New York.

“Quest’anno ho avuto la possibilità, tramite una dottoressa della diabetologia di Brescia di avere il pettorale della maratona di New York. Da aprile, circa, ho iniziato la preparazione, non senza incontrare qualche difficoltà e problema fisico nel corso dei mesi. Ma la determinazione non è mai mancata”.

E’ stato un progressivo avvicinarsi alla scadenza ricco di aspettative e adrenalina. Il primo novembre ecco la partenza per New York.

“E’ stata grande l’emozione già solo nell’arrivare in questa megalopoli”. Qualche corsa mattutina di rifinitura nei parchi di Brooklyn, poi venerdì 4 novembre ecco il ritiro del pettorale all’Expo, una sorta di paese dei balocchi dei runners. “Lì è iniziata davvero a salire la tensione”.

Domenica 6 novembre, il giorno della gara, ogni attimo è stato scandito da un programma davvero preparato nei minimi dettagli. Sveglia alle ore 04,00. Colazione in albergo. Meteo perfetto. Metropolitana fino all’imbarco del ferry per Staten Island. Arrivo sull’isola con migliaia di altri runners provenienti da tutto il mondo; controlli di sicurezza molto accurati ma non invasivi. Accesso ai “villaggi” di accoglienza degli atleti divisi per colore di pettorale.

“Mi sono sistemato al sole in un prato in attesa di partire nella seconda “ondata” cercando di trovare la concentrazione”.

L’attesa partenza arriva alle ore 10,15, sul ponte di Verrazzano, tra migliaia di atleti e nessuna persona del pubblico (i ponti sono interdetti al pubblico per motivi di sicurezza). L’inno americano interrompe il brusio dei corridori, poi lo sparo dei cannoni dà il via alla corsa.

“Che emozione! Dopo circa 3,5 km di ponte, giunti quasi alla fine, si iniziava già a sentire il boato della gente! Entrando a Brooklyn mi è venuta la pelle d’oca e le lacrime per la marea di gente che vedevo, che ci incitava, che urlava il tuo nome e la nazionalità stampata sulla maglietta. Sembrava di essere costantemente dentro ad uno stadio. L’esaltazione e l’adrenalina mi hanno fatto macinare chilometri senza nemmeno accorgermene”.

A metà gara il tempo è ottimo e, soprattutto le gambe di Alessandro sono ancora leggere, così come il morale è alle stelle.

“Quando sono arrivato verso Manhattan i chilometri iniziavano a farsi sentire. Allora ho deciso di ridurre il ritmo per paura dei crampi e di non riuscire poi ad arrivare alla fine”.

Dopo il Queensboro bridge si entra nella bolgia di Manhattan per diversi km. L’entrata al central park per le ultime 3 miglia è da brividi.

“Le gambe ormai non c’erano più ma la testa non mollava: l’emozione era sempre maggiore. Ormai vedevo il traguardo a poche centinaia di metri… L’ho passato con le braccia aperte. Ho corso 42,195 km in 4 ore e 22 minuti! Subito mi sono passati per la testa tanti pensieri. Non ho pianto ma sono sincero nel dire che non avevo mai provato una gioia così! Mi sono messo a ridere da solo come un fesso e pensavo a mia moglie Ines che mi ha seguito per tutto il tempo con la metropolitana e che sicuramente si stava chiedendo se stessi bene . Non vedevo l’ora di abbracciarla. Poi pensavo anche a tutti quegli amici e parenti che mi hanno seguito dall’Italia e che saranno stati sicuramente orgogliosi di me. insomma… Ce l’avevo fatta!”.

Una storia questa, che è esempio concreto di come una patologia come il diabete non debba per forza essere vissuta come un freno alla propria vitalità. Ma è un insegnamento anche per tutti, perché il movimento, lo sport e una vita sana, possono davvero essere alla base del benessere quotidiano di ognuno di noi.

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