Articolo Roche

ATTIVITA’ FISICA E DIABETE IN ITALIA:
STATO DELL’ARTE

Con il presente contributo desidero tracciare per grandi linee la situazione deirapporti fra attività fisica e diabete mellito tipo (IDDM)/tipo 2 (NIDDM) dal punto di vista metabolico, educativo, organizzativo per come è realizzata in Italia alle soglie del terzo millennio.
Certamente la sempre maggiore attualità di questa problematica ha contribuito in modo decisivo a sollevare nella coscienza e negli interessi del diabetologo la problematica su sport e diabete in passato poco e male affrontata per il persistere di preconcetti ostativi, limitate conoscenze teoriche e pochissime pratiche (nelle scuole di specializzazione non vi è un insegnamento specifico di tale materia) e per la innegabile difficoltà di gestire uno sportivo diabetico specie se insulinodipendente. In questo scenario di aumentata divulgazione, accettazione e diffusione della pratica sportiva, un ruolo non secondario è da attribuire agli stessi atleti diabetici che con tenacia e coraggio hanno “convinto” buona parte della comunità diabetologica italiana con la dimostrazione di un buono stato di forma fisica, attivandosi all’interno delle associazioni di diabetici, “raccontando” con rigore metodologico la loro esperienza e le “soluzioni terapeutiche” da essi adottate anche nel corso di convegni scientifici; accettando di farsi studiare sul campo e in laboratorio per accrescere le conoscenze diabetologiche.
Aspetti metabolici:
Diabete tipo 1: l’A.F. non è essenziale, con i mezzi terapeutici attuali, per il raggiungimento di un buon compenso glicemico. Talora, specie nei soggetti senza alcuna riserva pancreatica (C-petide negativi) e specie se l’attività è occasionale e prevelentamente anaerobica può essere un fattore di perturbazione dell’equilbrio metabolico.
In soggetti con residuo pancreatico, invece, l’attività aerobica di endurance,purché regolare, può migliorare il compenso aumentando la sensibilitàall’insulina e riducendone il fabbisogno. L’A.F. regolare è fondamentale nel migliorare la performance cardio-respiratoria, la capillarizzazione muscolare e, quindi, l’ossigenazione tissutale. Nella valutazione del rapporto rischio-beneficio ciò va tenuto in debito conto specie considerando il rischio di micro-macroangiopatia insito nella malattia stessa. Non vi sono tuttora studi che chiariscono se una regolare A.F. aerobica, a parità di compenso metabolico, possa prevenire/rallentare lo sviluppo di complicanze cardiovascolari. Va ricordato, però, che nello studio di Moy il rischio di mortalità era inversamente proporzionale ai quintili di A.F.settimanale e che un regolare esercizio nello studio DCCT, era parte integrante del programma terapeutico del gruppo in terapia intensiva i cui favorevoli risultati sullo sviluppo di complicanze sono ben noti.
Diabete tipo 2: in questa forma di diabete, l’esercizio fisico regolare,aerobico assieme alla dieta è un perno fondamentale del programma terapeutico.
Gli effetti benefici sul metabolismo glicidico e lipidico, la capacità dimagrante, l’effetto “allenante” sul cuore, la possibilità di prevenire alterazioni degenerative sull’apparato osteo-articolare e i risultati positivi sullo stato psichico trovano concorde la comunità diabetologia nel “prescrivere”
l’esercizio fisico (più che lo sport) a NIDDM relativamente giovani senza complicanze cardiovascolari.
Recenti ricerche presentate al Congresso A.D.A. di Boston (1997) indicanoinoltre, che gli effetti metabolici positivi derivano, più che dall’intensitàdell’esercizio (60-70% della Vo2 max), che limita molto il numero dei pazienti elegibili, dalla sua durata e continuità nel tempo.
Recenti, convincenti studi hanno inoltre dimostrato che una regolare attività può prevenire il NIDDN in soggetti predisposti ed impedire l’evoluzione da ridotta tolleranza ai carboidrati a diabete manifesto. Uno studio fondamentale su oltre 70000 infermiere americane durato 5 anni ha mostrato che quelle abituate a regolari passeggiate avevano un rischio relativo di diabete ridotto del 50% e, se la velocita’ del passo era superiore a 4,2Km/h, il rischio si riduceva del 70% rispetto alle sedentarie
Diabete Gestazionale(DG): Considerazioni fisiopatologiche. A causa dell’aumentata liberazione di ormoni iperglicemizzanti di origine placentare e della ridotta utilizzazione muscolare di glucosio la gravidanza deve considerarsi uno stato di ridotta sensibilità insulinica che può dare intolleranza al glucosio e diabete gestazionale. La contrazione delle fibre muscolari aumenta di molte volte la captazione di glucosio. Quindi l’esercizio fisico appare un razionale intervento terapeutico per questo tipo di pazienti. Limitazioni e precauzioni. Un esercizio fisico intenso può favorire crisi ipoglicemiche, particolarmente pericolose nelle gestanti a rischio di parto pretermine. L’esercizio strenuo è causa di aumento dei livelli di noradrenalina, che può indurre pericolose contrazioni uterine. L’aumento della temperatura corporea materna in corso di esercizio fisico , in considerazione della limitata capacità del feto di dissipare il calore, richiederebbe un ambiente sufficientemente ventilato, fresco e poco umido.
Aspetti pratici: come e quando praticare attività fisica. La gestante andrebbe educata a regolare l’intensità degli esercizi in rapporto alla personale percezione dello sforzo (da lieve a poco faticoso), alternare esercizi poco prolungati (max. 30’) con periodi di riposo durante i quali monitorare i movimenti attivi fetali(MAF) o le eventuali contrazioni uterine anche con la semplice palpazione dell’addome, adattare l’esercizio alla dieta (pasti frequenti ed a sufficiente distanza dall’esercizio), aggiustare l’eventuale terapia insulinica, incrementare la frequenza dell’automonitoraggio delle glicemie e della chetonemia. Occorre evitare gli sports anaerobici, quelli pericolosi e traumatici, quelli che sottopongono il tronco e la pelvi ad uno stress eccessivo. Sono largamente preferiti il nuoto, la cyclette, gli esercizi per le braccia (senza l’uso di pesi) e le passeggiate.In conclusione un moderato esercizio fisico in gravidanza può giocare un ruolo importante nel controllo dei livelli ematici di glucosio sia in donne che sviluppano il DG sia in diabetiche tipo 2 che diventano gravide.
FARE ESERCIZI AEROBICI LIEVI-MODERATI SENZA STRESSARE IL TRONCO E LA PELVI- CONTROLLO MAF- ATTENZIONE AD IPOGLICEMIE E CHETONURIA
Livello glicemico e inizio della seduta di A. F.
Per anni noi diabetologi abbiamo considerato il livello di 250-300 mg/dl come illimite oltre il quale la seduta di A.F. non andava intrapresa. Questaconvinzione si basava su uno studio di Berger dell’inizio anni ’80 che mostravacome in diabetici scompensati cronicamente (“Ketotic diabetics”) l’A.F fosse controproducente e pericolosa per chetoacidosi.
Molti progressi sono stati fatti da allora. I “Ketotic diabetics” oggi sonorari; chi fa sport è trattato con 3-4 iniezioni al dì e assai difficilmenteraggiunge quel grado di sottoinsulinizzazione che rende l’esercizio pericoloso.Recenti dati della letteratura e mie osservazioni personali dimostrano che pur con glicemie più alte di 300,l’esercizio può essere intrapreso con successoa patto che il paziente sia sufficientemente insulinizzato, in accettabile compenso metabolico e senza corpi chetonici nelle urine.
Spesso poi una glicemia molto elevata esprime un valore postprandiale dovuto aduna colazione molto più ricca in carboidrati come avviene in occasione dimaratone. Pertanto riteniamo che l’unico vero limite per intraprendere la sedutadi A.F. in diabetici con accettabile compenso non sia il tasso glicemico ma la presenza di chetonuria.
Attività fisica e presenza di complicanze croniche
Fino ad alcuni anni fa si riteneva che tutti gli sports andassero banditi inpresenza di complicanze. La stessa legge 115 (che ha ormai 15 anni circa!)l’assenza di complicanze invalidanti. In questi ulteriori 10 anni, inparticolare dopo l’impulso dato dal gruppo della Joslin Clinic di Boston che ha affrontato l’argomento con rigore, l’A.N.l.A.D (Assoc. Naz. Italiana Atleti Diabetici) ha preparato una serie di linee guida che selezionano A.F. consentite ed altre sconsigliate in rapporto alle singole complicanze e al loro livello di progressione. Tali linee guida sono conformi a quanto suggerito dall’American Diabetes Association.
Scelta dell’esercizio fisico
A parte la boxe e gli sports di pilotaggio, tutti gli altri possono essere consentiti ai diabetici con le opportune precauzioni.
Il problema delle attività subacquee è attualmente in fase di revisione. Fatta questa premessa e, considerando che lo sport è un piacere e quindi la sua sceltadeve tenere conto dei desideri e delle propensioni di ogni diabetico, (che primadi essere tale è una persona), tutti gli studi condotti, compreso i nostri,indicano che le A.F. prolungate (corse, nuoto, sci e bici di fondo) effettuate al di sotto della soglia anaerobica sono quelle più idonee ed utili per ildiabetico. Gli sport di endurance infatti sono aerobici, consentono un attivo allenamento cardiovascolare, contribuiscono al controllo glicemico in quanto consentono un graduale e prevedibile utilizzo del glucosio senza dar luogo a brusche ipoglicemie e possono essere proseguiti anche nell’età adulta e nella maturità.
Aspetti educativi ed organizzativi
Tutti noi consideriamo ormai l’A.F. un eccellente sistema per mettere alla provala capacità di autogestione della malattia. La pratica sportiva consapevolmente intrapresa infatti “costringe” all’autocontrollo, insegna come adattare alternativamente insulina e apporto di carboidrati al dispendio energetico (èquindi una valida palestra di autogestione), favorisce la socializzazione, migliora l’autostima, allena ad una disciplina di vita, contribuisce dunque aquel saper essere diabetici che è il più alto gradino del processo educativo. In questo senso l’attività delle associazioni è fondamentale e noi dell’ANIAD ciimpegneremo sempre di più a diffondere la filosofia dell’esercizio fisico,
ripeto ancora, intrapreso con prudenza e preceduto dall’opportuno supporto educativo.
Nell’ambito degli aspetti organizzativi alcuni numeri dell’ANIAD, possono forsemeglio descrivere la nostra costante e capillare attività in questi anni:
– 340 soci di tutte le regioni italiane (318 diabetici e 22 non diabetici );
– 13 sezioni regionali costituite o “collaboranti”;
– 12 numeri (compreso il numero 0) di Sport e Diabete, bollettino ufficiale dell’ANIAD con tiratura 2500 copie;
– 2 libri pubblicati (Atti del Congresso di Paestum 1994 e Atti del corso diformazione per diabetologi, Treviso 1995);
– 8 pubblicazioni scientifiche sugli aspetti educativi ed endocrino-metabolici durante attività aerobiche;
– 9 Corsi di Sport per diabetici insulinodipendenti effettuati in 3 regioni
differenti e 4 corsi di aggiornamento per diabelologi a cui hanno partecipato 20 colleghi.
Letture consigliate:
1) Guide to Diabetes and Exercise. N. Rudermannn J. T. Devølin. A.D.A., 1995.
2) 6th International meeting on Diabetes and Sport. Paestum (Italy) 24th – 26th
March 1994 G. Corigliano.
3) Atti del VII Corso Nazionale di Sport 1995 per diabetici insulinodipendenti e
Il Corso Nazionale di formazione per diabetologi su Sport e Diabete. Treviso –
P. Fontana.
4)G.L.Landry,D.B.Allen:Diabetes mellitus and exercise.Clin.Sports Med.,11(2),apr.1992 pp.403-418
5)G.Corigliano:Indicazioni e limiti dell’esercizio fisico nel diabetico insulino-dipendente anche in rapporto ad iniziali complicanze.Atti IX Congresso Nazionale Associazione Medici Diabetologi – Diabete e Sport: gli aspetti fisiologici, metabolici, organizzativi e medico-legali. Riva del Garda, 12-15 maggio 1993,pp.231-241.
6)C.S.Moy et al.: Insulin- dependent Diabetes Mellitus, physical activity and death. Am. J. Epidemiol.,137 (1),1993,pp.74-81 7
7) DCCT Research Group:The effect of intensive treatment of diabetes on the development and progression of long term complications in insulin-dependent diabetes mellitus. New Engl. J. Med. 1993, 329:977-986
Gerardo Corigliano
Responsabile Centro Diabetologico A.I.D. ASL NA1
Presidente Ass. Naz. Italiana Atleti Diabetici

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