Intervista a Chiara: da Cesena a Singapore in bici

For a piece of cake - Da Cesena a Singapore in bicicletta

For a piece of cake – Da Cesena a Singapore in bicicletta

For a piece of cake‘ – è questo il nome del progetto che vede come protagonista Chiara Ricciardi classe 1989, assieme al suo compagno Riccardo Rocchi (’83), in bicicletta da Cesena a Singapore: 18.000 km percorsi in poco più di un anno. Un progetto nato con il presupposto che mangiare una fetta di torta è un piacere scontato per molti, ma non per tutti,  e lo sanno bene i diabetici. Che poi più che un progetto, questo è un viaggio, un’esperienza unica e stupenda fatta con un terzo compagno di avventure: il diabete di tipo 1 di Chiara. Forse un ospite non gradito penseranno alcuni, ma non Chiara che certamente non si è fatta scoraggiare e ha dimostrato che anche una persona insulino-dipendente può vivere una vita come tutti gli altri, praticare sport come tutti gli altri e realizzare i propri sogni senza limiti e preconcetti dati dalla malattia, ovviamente con la consapevolezza di ciò che si sta affrontando.

Ma sentiamo direttamente la protagonista di For a piece of cake. Abbiamo intervistato Chiara che gentilmente si è concessa a noi trasmettendoci grandi emozioni e dimostrando tanta forza di carattere e determinazione. Qui la prima parte dell’intervista

D. A che età ti è stato diagnosticato il diabete? Quale è stata la tua reazione psicologica?

<<Il diabete mi è stato diagnosticato che avevo 11 anni e tutto sommato era un’età abbastanza buona in cui avere l’esordio. Almeno per me, perché comunque non ero più una bambina, potevo avere già una certa autonomia nel gestire la terapia, e non ero ancora un’adolescente con una situazione emotiva più complicata. Credo, quindi, che sia stata un’età buona: è arrivato nel momento giusto, diciamo così, se proprio doveva venire. La reazione è stata di accettazione, abbastanza tranquilla, senza che mi creasse grossi problemi. Non nascondo, però, che alle prime proibizioni del tipo ‘non puoi mangiare questo’ o ‘non puoi assumere troppi zuccheri’, una reazione in me c’è stata: mi capitava di farmi abbuffate di biscotti o di cibi dolci, che mi piacevano tanto, di nascosto. Però tutto sommato il mio rapporto con il diabete è stato piuttosto sereno e pacifico>>.

D. Che tipo di supporto e aiuto hai avuto dai medici, dagli amici e dai familiari?

<<L’equipe medica che mi ha assistito ha fatto un grandissimo lavoro. Mi hanno tenuto in day ospital per 5 giorni in cui mi hanno spiegato, fatto esempi, mi hanno fatto vedere slides che parlavano della gestione del diabete. Hanno, inoltre, coinvolto la mia famiglia e addirittura invitato la mia insegnate di ginnastica artistica per spiegare anche a lei come sarebbero dovuti funzionare da quel momento in poi i miei allenamenti. Sono venuti a fare un inserimento a scuola, facevo la 1 media, e hanno parlato con i miei insegnanti. Abbiamo coinvolto i miei capi scout. Insomma i miei genitori hanno tenuto molto al fatto che tutti quelli che avevo attorno fossero informati e fossero coscienti della situazione. La mia famiglia ha preso la situazione abbastanza di buon grado, un po’ come è successo a me. Certo, è stato doloroso per i miei genitori ma da subito hanno dimostrato di avere fiducia in me e di essere una spalla su cui potevo contare. La prima estate, dopo aver avuto l’esordio a gennaio, avevo programmato un viaggio di studio di 2 settimane all’estero, in Inghilterra, in cui sarei andata con mia sorella. Loro mi hanno detto che potevo benissimo farlo lo stesso, dimostrando appunto grandissima fiducia in me e quella è stata, tra l’altro, la prima volta in cui mi sono allontanata da loro. Subito dopo avevo anche fatto un campo scout, più vicino geograficamente a casa, ma comunque con delle situazioni che potevano mettermi più alla prova: dormire in tenda, cucinare da soli, senza comodità. Ma anche lì il diabete non è stato assolutamente un ostacolo a nessuna delle attività quotidiane, anzi mi faceva entrare nella cambusa, dove gli esploratori non sono ammessi, a mangiucchiare biscotti quando avevo la glicemia bassa. Quindi c’era anche qualche privilegio che potevo sfruttare grazie al diabete>>.

D. Come ti curi (micro o multi iniettiva) e ti controlli?

<<Io utilizzo il microinfusore dal 2007 e da allora è stato amore a prima vista perché non ne ho più potuto far a meno. Mi trovo decisamente meglio che con la multi iniettiva, perché ho un rapporto di pacifica convivenza con questo macchinino che è sempre appeso alle tasche o alla cintura. Bisogna sempre scovare il posto adatto in base all’abbigliamento! Credo che, comunque, ne valga assolutamente la pena per il miglioramento della glicemia che ho avuto. Prima del viaggio mi è stato dato in dotazione anche un sensore che comunica con il microinfusore, quindi diciamo che sono diventata oramai un piccolo robottino e ho delle glicemie quasi perfette. Infatti, il sensore trasmette gli allarmi e costantemente sono avvisata dei miei valori ogni qual volta si spostano dal range delle glicemie buone. Quando ciò avviene, quello suona ed è impossibile ignorarlo. Quindi o prendo zuccheri o faccio insulina. Comunque sono cosciente che la glicemia non è nei valori giusti e prendo provvedimenti>>.

D. Il diabete influisce sul tuo lavoro, sui rapporti con le persone? Come influisce sullo sport?

<<No non direi che il diabete influisce sul mio rapporto con le persone. Forse le persone una volta che sanno che ho il diabete hanno una sorta di ammirazione o un occhio di riguardo in più nei miei confronti. E questa cosa può essere solo positiva dal mio punto di vista. Però non m i sembra che le si comportino con me in maniera diversa a causa del diabete o perché pensano che sono un persona limitata o in difficoltà o con qualche mancanza. Nemmeno sul mio lavoro influisce perché sono ingegnere e la mia vita lavorativa è piuttosto sedentaria, faccio orario da ufficio e turni più che altro a sedere davanti al computer, quindi non ci sono particolari effettui del diabete su questo insomma. Influisce, però, sulla mia attività sportiva, nel senso che la consapevolezza del diabete non può assolutamente mancare. Ciò significa che prima di partire per una corsa o una pedalata mi misuro la glicemia, magari mangio qualcosa per contrastare l’effetto dell’attività fisica e prendo lo zucchero, a intervalli regolari mi faccio i controlli. Quindi avere il diabete si manifesta in una serie di rituali e di comportamenti da assumere in determinati casi, ma non mi impedisce mai di fare attività fisica>>.

D. Da Cesena a Singapore in bici è una sfida che trova motivazioni particolari con la tua condizione di persona con diabete o magari era un sogno che coltivavi da tempo?

<<In realtà il progetto non nasce dal fatto che io ho il diabete, ma dal fatto che io e Riccardo siamo grandi appassionati di viaggi, di vita all’aria aperta, di natura di sport. A un certo punto questa ipotesi di viaggio in bici si era fatta più concreta e abbiamo cercato di capire se con il diabete lo potessimo fare, cosa avrebbe pensato il mio diabetologo e se appoggiava l’idea. Poi una volta avuto il via libera da parte sua ci siamo chiesti allora ‘perché non raccontiamo questa esperienza?’ così magari potrebbe essere d’aiuto o di incoraggiamento a tante persone con il diabete come me. Però, alla base del nostro viaggio c’era la voglia di vivere un’avventura del genere, con o senza diabete. Poi il diabete ha aggiunto un sfaccettatura in più>>.

State collegati con noi… perchè nei prossimi giorni pubblicheremo la seconda parte del racconto di Chiara sul suo viaggio in bici da Cesena a Singapore.

Nel mentre, se siete curiosi vi diamo qui di seguito i contatti social di For a piece of cake:

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