Chiara, in bici da Cesena a Singapore: inervista (seconda parte)

For a piece of cake - Da Cesena a Singapore in bicicletta

For a piece of cake – Da Cesena a Singapore in bicicletta

Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista fatta a Chiara Ricciardi. LEGGETE QUI LA PRIMA PARTE

D. Quanto ha influito il diabete con questa esperienza che hai vissuto? La malattia è stata un limite o questa è stata l’occasione per dimostrare proprio il contrario?

<<Il diabete innegabilmente era con noi, bisognava farci i conti, bisognava sempre pianificare una maniera per congelare gli elementi che tenevano fresca la scatola dove conservavo l’insulina. Ogni tre giorni dovevamo trovare un freezer per assicurarci che l’insulina non deperisse, perché avevamo con noi una scorta per tutto il viaggio. Dovevo sempre avere lo zucchero con me, dovevo essere consapevole del fatto che con la glicemia bassa non potevo affrontare le salite e tutto quello che il diabete comporta. Non è mai capitato, però, che non potessimo fare qualcosa per colpa del diabete e anzi il diabete ci ha unito ancora di più alle persone che incontravamo. Da questo viaggio portiamo sicuramente a casa una testimonianza  bellissima di come la gente, in giro per il mondo, ci abbia sempre cercato di aiutare e una volta che raccontavamo del diabete le persone si facevano in quattro per esserci utili. Quindi anche in questo caso abbiamo trovato il lato positivo della condizione che stavamo vivendo>>.

D. Ci sono stati momenti difficili, in cui magari hai avuto voglia di mollare tutto? Come hai superato le difficoltà?

<<I momenti più difficili sono stati legati tutti a un paese in particolare: l’India. Non avevano niente a che vedere con il diabete. L’India ci ha messo alla prova per le sue condizioni di densità, di inquinamento, di traffico, di rumore continuo e quindi le giornate in bici erano poco piacevoli. Alla fine di ogni pedalata ci sentivamo stanchi e nervosi e lì forse, è stato il momento di maggiore difficoltà. Comunque abbiamo stretto i denti e siamo andati avanti. Abbiamo trovato una strada alternativa che deviava verso il Nepal, tappa fuori programma, che alla fine si è rivelato un paese incredibile. Non ci sono stati momenti di particolare difficoltà legati al diabete. Abbiamo avuto altre malattie, legate a dissenteria o intossicazioni alimentari, febbri, tutto risolvibile in qualche giorno di riposo, ma nessuna difficoltà che ci abbia fatto pensare di tornare a casa!>>

D. Mentre per ciò che riguarda i lati positivi, qual è il ricordo più bello e prezioso che hai portato con te al rientro?

<<I ricordi belli sono tantissimi, sono legati a tante cose diverse. Ci sono state giornate faticose che lì per lì ci hanno fatto sudare, ma che alla fine ci hanno riempito di soddisfazioni e che mi hanno lasciato un ricordo indelebile legato sì a quella fatica,che però veniva sempre ripagata da spettacoli e da persone. Infatti, è proprio il rapporto con le persone che abbiamo incontrato a lasciarmi dei ricordi unici. Oltre a questo, sicuramente i posti incredibili che abbiamo visitato come quegli in cui noi eravamo gli unici turisti, le uniche persone di passaggio. Quei luoghi lì spesso ci coglievano sempre un po’ impreparati nel senso che non ci aspettavamo nulla, invece ci si parava davanti qualcosa di formidabile.>>

D. La cosa più importante che hai imparato da questo viaggio?

<<La cosa che ho imparato da questo viaggio  è la gente è più buona rispetto a quello che si crede. Viaggiando per il mondo è più facile incontrare persone disposte ad aiutarti piuttosto che persone malintenzionate da cui stare alla larga. Almeno per quello che è stata la nostra esperienza, non ci sono mai stati pericoli con i popoli di cui abbiamo attraversato i paesi e quindi possiamo solo consigliare di andare, prendere, esplorare e non avere paura delle cose diverse che non si conoscono. Vorrei poi aggiungere una cosa, cioè ringraziare Riccardo. Ci tengo a nominarlo  perché comunque il diabete in questo viaggio l’abbiamo condiviso. Quindi se è andato tutto bene e non ci sono mai stati problemi è dovuto in grandissima parte anche a lui perché mi è saputo stare vicino, mi ha aiutato, mi ha dato tanti consigli, a volte rompendomi le scatole, perché voleva che le cose andassero nei migliori dei modi. A volte ha dovuto sopportare in silenzio ciò che il diabete ci imponeva e abbiamo affrontato in due tutto quello ha comportato. Guardandoci indietro comunque non vediamo il diabete come un problema, ma come una cosa che c’era, che viaggiava con noi con cui siamo andati tranquillamente d’accordo.>>

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