Il piede dello sportivo diabetico

Fisiopatologia e clinica

G. Corigliano*

*Associazione Italiana Diabete – Napoli

Caratteristiche del “Piede sportivo”
Quando si parla di piede “sportivo” ci si riferisce più che alla sua funzione statica, che consente di mantenere la stazione eretta, a quella dinamica ed iperdinamica che consente al corpo di muoversi nello spazio camminando, correndo o saltando. Naturalmente l’esercizio di un’attività sportiva, specie di elevata intensità impone, movimenti non del tutto fisiologici e sottopone muscoli, tendini, articolazioni ed ossa a sollecitazioni elevate. Soltanto una perfetta integrità dei “relais” neuromuscolari, associata ad un adeguato potenziamento del tono, trofismo ed elasticità muscolo-tendinea, ottenibile con l’opportuno allenamento, consentono di portare a termine l’atto sportivo, ammortizzando il carico di sollecitazioni a cui è sottoposto il piede. Naturalmente non tutti gli sport impegnano il piede alla stessa maniera sia per quanto riguarda l’intensità della prestazione che il tipo più o meno fisiologico del movimento richiesto; è possibile suddividere i più comuni sports in tre gruppi in base all’intensità delle sollecitazioni bio-meccaniche cui è sottoposto il piede.
Il piede del diabetico sportivo
La marcia è composta da una successione di appoggi dal tallone verso le dita con una sequenza ciclica. Il primo impatto avviene a livello del tallone posteriore e successivamente il baricentro della pressione si sposta verso l’avampiede, con una spinta finale che fa leva sulle teste metatarsali e sulle grosse dita; a questo punto tutto l’arco inferiore viene sollevato dal suolo per iniziare il passo successivo che sarà coordinato anche in base alle informazioni che la corteccia riceverà sulla posizione degli arti nello spazio. Durante la corsa, tali forze di impatto aumentano considerevolmente: infatti, il tallone sopporta, anche se per un tempo brevissimo, una pressione pari a 2,5 volte il peso dell’atleta e le teste metatarsali sostengono una doppia pressione, passiva di impatto e attiva nella fase di rilancio per avviare il passo successivo.
Altri tipi di sports, in base alle peculiarità dell’atto sportivo che li contraddistinguono, sollecitano in misura maggiore o minore, naturale o assai o poco fisiologica parti specifiche del piede. È ovvio che, per i motivi suddetti, la pratica sportiva stressa il piede dell’atleta diabetico in punti, come i talloni e le teste metatarsali già di per sé, bersaglio della patologia neurovascolare. È indispensabile pertanto che lo sportivo diabetico sia indenne da neuropatia sensitivo-motoria distale, in quanto questa complicanza, specie per le malformazioni a carico del piede, può con le sollecitazioni e i microtraumi del gesto atletico portale alla formazione di lesione anche a carattere ulcerativo.
In presenza di forme subcliniche di neuropatia, il piede del diabetico sportivo deve essere protetto con plantari ammortizzanti e scarpe idonee o meglio ancora il paziente deve essere invitato a praticare uno sport che impegni molto poco il piede dal punto di vista dell’impatto al suolo; anche la patologia micro e macro-vascoalre e quella osteoarticolare, alterando l’integrità anatomo-funzionale del piede, può essere fattore limitante la prestazione sportiva. D’altra parte proprio le sollecitazioni connesse con l’impegno atletico possono peggiorare queste complicanze e le loro sequele (ulcere ischemie, infezioni, fratture spontanee e/o traumatiche), innescando un circolo vizioso. Da quando detto, solo in presenza di un piede integro, anatomicamente e funzionalmente, andrebbe consentita una corretta pratica sportiva.

Scelta delle calzature
La scarpa è “l’attrezzo” con cui il piede lavora. Essa deve pertanto adattarsi il meglio possibile alla conformazione anatomica del piede e ridurre le forze d’impatto al suolo. In taluni casi, inoltre, la scarpa con l’ausilio di un plantare può compensare un anomalo appoggio del piede. Se consideriamo la corsa che è lo sport più semplice, comune e consigliabile per il diabetico, la scarpa ideale dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche:
1. linguetta:imbottita per evitare le tendinite degli estensori delle dita del piede e l’irritazione del dorso.
2. allacciatura: sono necessari lacci lunghi con numerose possibilità di allacciamento (sette-otto occhielli) per favorire tutte le variazioni anatomiche dei piedi.
3. tomaia: deve essere morbida, larga per evitare l’accavallamento delle dita ed alta per prevenire gli ematomi sotto le unghie.
4. la parte posteriore della scarpa deve prevedere un alzatacco inferiore con la base avanzata per assicurare la migliore stabilità e deve essere, dal lato della suola, arrotondato posteriormente per favorire il “rotolamento” del passo.
5. la suola esterna deve essere resistente con un disegno adatto all’uso (asfalto, terreno battuto), per consentire un buon ancoraggio al suolo; la suola intermedia deve essere particolarmente ammortizzante (sistema alveolare o altro sistema); la suola interna deve essere amovibile, morbida, assorbente il sudore.
6. la misura, infine, deve essere superiore di un’unità in rapporto al comfort immediato per contenere il gonfiore del piede sotto sforzo; questo genere di scarpe, facilmente reperibile in negozi specializzati, fanno parte della categoria A3, cioè con massimo assorbimento dell’impatto, discreto controllo dei movimenti laterali, adatte a ritmi medio-lenti e a chi necessita di grande protezione.

I plantari
Non vanno usati sistematicamente ma utilizzati, in sostituzione della scuola interna, solo in caso di importanti dimorfismi del piede; fra le patologie di più frequente riscontro, il piattismo, il cavismo deve essere compensato con un opportuno plantare, poiché oltre a produrre dolore ed alterazioni morfostrutturali come la fascite plantare la tendinite dell’achilleo e le metatarsalgie, possono, nell’atleta, favorire lo sviluppo di ipercheratosi e callosità che, nel diabetico, sono sempre da considerare lesioni a rischio di ulcere.
Il plantare è inoltre, particolarmente utile in tutte quelle condizioni di iperapoggio sulle teste metatarsali, evento frequente nel diabetico con segni di iniziale neuropatia. Va segnalato che esistono in commercio anche i plantari ad assorbimento differenziato. Infine, una corretta ortesi plantare può risolvere anche l’appoggio con l’eccesso di pronazione o supinazione, facilmente diagnosticabile dall’atleta stesso a seconda se la suola si consuma maggiormente dal lato mediale o da quello laterale.

Le calze
Sono altrettanto importanti, poiché costituiscono l’elemento a più diretto contatto con il piede . l’atleta diabetico dovrà pertanto scegliere con cura, evitando le cuciture nei punti di appoggio ed esse dovranno essere di fibra spessa, morbida ed assorbente. Una speciale calza brevettata, disponibile in commercio, grazie alla sua “impact zone”, assorbe l’attrito direttamente nello strato spugnoso della calza evitando sollecitazioni e sfregamenti sullo strato lucido e granuloso della cute con produzione di irritazioni, lacerazioni o bolle.

Conclusioni
In conclusione, il diabetico che voglia praticare l’attività sportiva, specie se ad elevato impatto biomeccanico sul piede, deve essere indenne da lesioni neuro-vascolari periferiche ed educato a prevenire e riconoscere anche le più piccole lesioni del piede. L’uso appropriato di scarpe, calze ed eventuali plantari può contribuire notevolmente a mantenere in “buona salute” il piede minimizzando le sollecitazioni a cui esso è sottoposto.

Bibliografia
1) RAMPOLDI A., VALENTI V.: FISIOPATOLOGIA DEL PIEDE NELLO SPORT. LXIV Congr. SIOT Roma, pagg 212-8,1979.
2) DE PONTI L.: SCARPE E SPORT. CORRERE (Suppl.) 137,12-23,1995
3) SGAMBATO S., CORIGLIANO G., MANCONE M., MISSO L., RUOTOLO U., SACCOMANNO F.: ATIVITA’ SPORTIVA E RISCHIO DI LESIONI DEL PIEDE NEI DIABETICI. Giorn. Ital. Di Diabetologia, 14, 347-57,1994.

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